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IL CRUDELE INGANNO

03.08.1996
SPORT
FUORI PISTA

Si sa che aprile è il più crudele dei mesi, perché secondo T.S. Eliot, confonde «memoria e desiderio». E sappiamo che la marcia è il più crudele degli sport, non solo perché cinquanta chilometri sotto la canicola sono l’attraversamento di una terra effettivamente desolata, ma anche perché l’organizzazione ci mette un briciolo di intenzione in più per rovinare la vita agli atleti. Ieri, ad esempio, il marciatore Arturo Di Mezza è giunto quarto, con una rimonta piuttosto impressionante, ed era già ampiamente soddisfatto di sé. Se avesse avuto più spregiudicatezza, avrebbe potuto attaccare prima e puntare più in alto. Stava comunque commentando positivamente la propria gara con l’intervistatore della Rai, quando il telecronista in tribuna ha comunicato con sinistro entusiasmo che il terzo classificato, lo spagnolo Massana, era stato squalificato e che dunque Di Mezza era medaglia di bronzo. Il povero Di Mezza è scoppiato in un urlo selvaggio di soddisfazione. Perché bisogna sapere che un bronzo nei cinquanta chilometri di marcia assomiglia alle medaglie della maratona, è di metallo pesante, rimane nell’albo d’oro. Ma pochi istanti dopo, il nome dell’incomodo Massana è ricomparso sul tabellone, la giuria ha cambiato idea, e Di Mezza si è dovuto ingoiare l’urlo. Così impara a confondere «memoria e desiderio», o illusione e realtà, e le medaglie con i pesci d’aprile. La marcia è fatta così. Un atleta sfatica in quello stile da burattino che gli deforma le gambe, sotto l’occhio di giudici capziosi che controllano come appoggia i piedi e se «blocca il ginocchio nel passaggio della verticale». Lo ammoniscono se non rispetta i canoni regolamentari, e gli atleti stringono i denti reprimendo la voglia di sparargli un cazzotto e continuando stoicamente a marciare. Quando magari sono passati quaranta e rotti chilometri, un giudice si avvicina a un atleta e gli piazza una paletta rossa sotto il naso, che vuol dire squalifica immediata. Perché ha sollevato i piedi da terra, o perché gli si è sbloccato irregolarmente il ginocchio. I marciatori espulsi sono gente così affranta che di solito non protestano neppure. Non protesterebbero neanche se in un accesso di sadismo il giudice oltre a squadernargli la paletta gli si mettesse anche a ridere in faccia. Per questo è inutile chiedersi come sia nato l’equivoco del bronzo sì, bronzo forse, bronzo no. Lo sappiamo perfettamente perché i giudici hanno fatto il pasticcio su Di Mezza. Anche le giurie, nella marcia, sono crudeli. L’hanno fatto apposta. E probabilmente, quegli infami, sorridevano.

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