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ATTRAZIONE FATALE

06.10.1996

C’è una disperata voglia di un leader alternativo, nella destra, malgrado le rivendicazioni di Silvio Berlusconi. Ma potrebbe davvero essere Francesco Cossiga, questo leader? Se si risponde di sì, l’ex presidente della Repubblica sarebbe un magnifico caso di uomo che viene dal passato, scivola anonimamente nel presente e si proietta gloriosamente nel futuro. Per il Polo l’idea è affascinante: mettere in gioco il picconatore della Prima Repubblica per costruire fondamenta e muri maestri della Seconda è un progetto pressoché irresistibile, come si è visto ieri, con le ovazioni a scena aperta all’assemblea dei Comitati per l’Assemblea costituente. Tuttavia le ipotesi per il ritorno in campo di Cossiga non sono affatto semplici. O meglio, sarebbero semplici se si assistesse fra breve al passo indietro, alla rinuncia, al ritiro di Berlusconi. In questo caso, preso atto che il suo sostituto politico naturale, cioè Gianfranco Fini, non ha la configurazione culturale né il partito adatto per coagulare il consenso dell’area liberale moderata, l’attrazione fra il Polo e Cossiga diventerebbe davvero fatale. Ma si può davvero pensare che un uomo come Cossiga, che è stato capo dello Stato, ha coperto cioè la maggiore carica istituzionale del Paese, accetti di tornare in campo diventando il leader di una parte politica? In passato, l’ex presidente ha sempre lasciato capire di essere indisponibile a diventare il punto di riferimento politico di uno schieramento. Nessuno può interpretare i suoi pensieri, ma risulterebbe senz’altro più adeguato alla sua figura un ruolo super partes. C’è un ruolo di questo tipo, oggi, nella politica italiana? No, non c’è. O perlomeno non c’è ancora. Ci potrebbe essere se si profilasse la necessità di liquidare il governo del centrosinistra e di sostituirlo con un governo di «salvezza nazionale». E in questo caso la destra vedrebbe in Cossiga una carta potentissima da giocare. Tuttavia occorre anche considerare che proprio il fascino che l’ex presidente emana per il Polo rappresenta una delle ragioni della diffidenza che ispira per il centrosinistra. Lo stesso Cossiga, reclamando un governo di salute pubblica con il coinvolgimento di entrambi gli schieramenti, si è premurato di fare il nome del possibile capo del governo, indicando Giuliano Amato. C’è anche ovviamente una ragione «storica», nei sentimenti che Cossiga ispira a sinistra. Né i popolari né il Pds hanno dimenticato hanno dimenticato la veemente azione da lui svolta al Quirinale, allorché le sue iniziative tesero a spezzare in due il Parlamento e la classe politica, collocando da una parte i rinnovatori e dall’altra i conservatori. Si può ricordare che nella fase più turbolenta del suo mandato Cossiga fece leva sul Partito socialista, mentre la maggioranza della Dc e il Pds si trovarono in una posizione di netta resistenza alle iniziative presidenziali. Dunque, è difficile che anche in una situazione decisamente eccezionale, con un governo di unione nazionale ed eventualmente il voto per la creazione di un’assemblea costituente, Cossiga possa effettivamente essere l’uomo che incarna il punto di equilibrio. È stato un principio di divisione, sono in troppi a negargli fin d’ora la possibilità di essere l’uomo dell’unità nazionale. In prospettiva, quindi, Cossiga può rientrare in politica, se si creano le condizioni straordinarie per permettere o reclamare il suo rientro. Ma è molto più probabile che l’ex capo dello Stato possa essere richiesto di un intervento diretto, dentro il confronto politico, soltanto da destra. Per preparare un duello con la sinistra più equilibrato, per ridare credibilità al Polo, per conferirgli quella caratterizzazione istituzionale che il centrodestra non ha mai avuto. A quel punto, però, la decisione di tornare in partita non deriverebbe più dalla spinta delle circostanze, non sarebbe più una necessità nazionale, e neanche una soluzione di garanzia per tutti. Sarebbe, molto più semplicemente, l’incontro fra una parte, il Polo per le libertà, e un cattolico liberale ibernato da una carica avuta in età relativamente giovane, poi scongelato dalle difficoltà e dalle crisi nella politica «nuova». Ma allora, il nuovo «sì» alla politica, il rientro nell’agone a capo di una parte, sarebbe una decisione tale da coinvolgere soltanto l’ex presidente: non richiederebbe né l’invocazione dello «spirito di servizio» di democristiana memoria né il sacrificio meritorio per la patria politica. Si tratterebbe di una soluzione inattesa, drammatica anche psicologicamente. E per praticare questa «soluzione a destra», ci vuole solo una cosa: la personale decisione di Cossiga, la sua voglia di reincarnarsi, di cambiare pelle e vita. Malgrado il fattore «C», il Cossiga sia un’eterna suggestione per l’Italia dei nostri anni, riesce difficile vederlo togliersi i panni istituzionali del passato per indossare un nuovo abito politico.

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