gli articoli LA STAMPA/

POLITICA E PREVALENZA DEL CALZINO

12.01.1997
SOCIETA' E CULTURA
FERMATA A RICHIESTA

Attenzione a non sottovalutare la recentissima discussione sul calzino corto, aperta sull’ultimo numero di Panorama da Giuliano Ferrara. «Niente è meno elegante di un’ansia di distinzione su scala di massa», scrive Ferrara, riferendosi, oltre che all’estetica del calzino lungo, alle cravatte degli assessori comunali e all’uso della pochette. Se fosse solo questione di eleganza vera o presunta, sarebbe il caso di dire qualcosa, oggi, anche sul montone da tribuna numerata di Gianfranco Fini, e anche fare un punto definitivo sui doppipetti del Cavaliere nonché, se si vuole, sui giaccottini di Romano Prodi: esattamente come a suo tempo gli stilisti giudicavano politicamente out D’Alema per i suoi pantaloni «color cane». Ma il punto non è questo. I calzini non appaiono invano nel cielo della storia. Se ci fosse di mezzo soltanto una scelta di stile o di gusto, discuteremmo blandamente del calzino come si sta già discutendo sulla rinascita dell’alternativa fra boxer e slip. E invece qui siamo nella sfera misterica dei grandi indizi politici. Osservato nella prima puntata del lerneriano Pinocchio l’afflosciarsi del calzino antitrust di Giuliano Amato, la memoria non può esimersi dal riandare al tragico 27 giugno 1991, allorché il caldo di Bari stampò col sudore la canottiera sulla camicia di Craxi. E non bisogna nemmeno dimenticare che l’inversione delle fortune politiche di Berlusconi fu resa memorabile dalla foto del clan alle Bermuda, in quella passeggiata in calzoncini e maglietta da jogging che rimane indimenticabile. Quando si comincia a parlare di canottiere, calze e mutande, vuol dire che per qualcuno sta cominciando a buttare male. Si tratta solo di capire, e bisognerà stare molto attenti, chi sarà la prossima vittima politica di questa nuova prevalenza del calzino.

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