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BIPOLARISMO IMPERFETTO

28.04.1997

La legge elettorale per i comuni e per le province è talmente diversa da quella delle elezioni politiche che è davvero arduo considerare questa tornata di elezioni amministrative come una verifica puntuale rispetto al voto politico del 21 aprile 1996. Se si vuole trasformare questo giro di consultazioni in un test di controllo sulla credibilità del governo Prodi, occorrerà attendere i ballottaggi, fra due settimane, e osservare i risultati del faccia a faccia tra i principali candidati. Dagli exit poll emerge soprattutto incertezza, anche se il prevalere dei candidati del Polo a Torino e Milano dà una tonalità «d’opposizione» ai primi dati. In ogni caso, sembrerebbe di poter anticipare qualche elemento piuttosto parziale ma non insignificante per l’evoluzione politica generale. Il più immediato è costituito dall’esclusione dei candidati della Lega dai ballottaggi del Nord, a partire dalle grandi sfide di Milano e Torino: un’esclusione che non significa di per sé un’abbattimento della forza elettorale leghista, ma che anche simbolicamente sposta la Lega sul versante pedemontano, dove minore è la possibilità di agire politicamente in modo significativo per la politica nazionale. Il residuo peso numerico della Lega, unito a una possibile insignificanza politica, dovrebbe portare a qualche chiarimento fra la linea «secessionista» di Bossi (secessione operata anche nei confronti della Bicamerale, da cui si attende un progetto semifederalista di forma dello Stato) e quella apparentemente più moderata, paraistituzionale, espressa da Formentini a Milano. Senza contare che al secondo turno, fra due settimane, la riserva del voto leghista potrebbe risultare risolutiva ai fini del risultato finale, e questo potrebbe indurre i leghisti a recuperare una funzione politica nella contrattazione del loro appoggio (o anche semplicemente del loro disimpegno). La Lega è stata decisiva al Nord nelle elezioni del 1994 grazie all’alleanza con Forza Italia, e in senso contrario nel 1996, correndo da sola: il Polo non ha grandi prospettive se non riesce a ridurre la sua asimmetria con la Lega. L’altro aspetto che si estrapola facilmente dai primi risultati è il successo di Rifondazione comunista: un’affermazione per molti versi scontata, ma che potrebbe complicare notevolmente le cose alla coalizione di governo. Da un lato, infatti, Rifondazione gode dell’effetto Bertinotti, la spettacolare capacità del suo leader di collocarsi al centro della politica italiana e di condurre la danza; dall’altro, invece, ci sono le difficoltà dell’Ulivo, che persiste come somma di partiti ma ha perso la spinta politico-programmatica con cui si era proposto sulla scena. I risultati di Milano e Torino mostrano in ogni caso che non esiste un centrosinistra capace di essere competitivo senza l’apporto di Rifondazione comunista, e ciò può fare inclinare più a sinistra l’asse della maggioranza di governo. Ci troviamo quindi ancora una volta dentro uno schema di bipolarismo politico incompleto, i cui deficit anche in questa occasione vengono suppliti dall’efficacia dalla formula elettorale a due turni. Si può prevedere che i ballottaggi, proprio per la logica che li sorregge, renderanno più acuto il conflitto politico, esasperando la contrapposizione fra il Polo e il centrosinistra. Quindi, se mai sono state un’opportunità, le larghe intese rappresentano una stagione mai aperta ma probabilmente già chiusa. D’ora in avanti, se c’è una previsione da fare è che lo scontro politico tende a diventare più pesante.

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