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D’ORO E’ LA PAZIENZA

02.08.1996
SPORT
FUORI PISTA

Una volta ci si poteva chiedere che cosa prova un atleta nel momento in cui conquista la medaglia d’oro. Perché un oro alle Olimpiadi è sempre oro puro, il sogno della vita di un atleta e la consacrazione davanti al Pianeta. E quindi chissà che sacrosanta emozione. Adesso no. Uno non fa in tempo a tagliare il traguardo che subito sbuca per lui un telefonino caldo caldo. Stop ai palpiti del cuore, e via col trillo. Pronto, mi senti, chi sei? Certe volte, per fortuna, sono le mamme e i congiunti stretti, evidentemente ansiosi di condividere la gioia del campione. In ogni caso, addio tempi eroici, quando si rivolgeva un saluto alla mamma lontana agitando la manina. Ora la mamma è lì, inevitabile, incombente. Non si è ancora capito bene se i parenti chiamino dalle tribune di Atlanta o se per qualche meraviglia del mondo cablato, delle autostrade informatiche o di altre diavolerie supertecnologiche si facciano vivi dall’Italia, superando di slancio oceano e fusi orari. Ma se va male, se si apre il varco di un minuto fra la vittoria sul campo di gara e la chiamata dei propri cari vicini o lontani, capace che sul cellulare offerto lì per lì si insinui la voce patriottica di De Zan o di qualche altro telecronista. Tutto in diretta, tutto a caldo: ancora col fiatone, con le pulsazioni accelerate, ecco l’intervista, le domande, le risposte. E se uno non avesse voglia di sentire nessuno, se il medagliato volesse godersi la medaglia tutto da solo? Ormai è chiaro che la maggiore virtù dei campioni non è la forza, la velocità, la destrezza: è più semplicemente la pazienza. Cioè la capacità di reggere all’esposizione totale di sé e all’intrusione continua. Il fatto è che sappiamo già benissimo quale sarà la perniciosa evoluzione di questa faccenda telefonica. Fra quattro anni, Olimpiadi del Duemila, cadrà anche l’ultimo tabù. Sistemeranno un auricolare e un microfonino agli atleti in gara, per avere on line le loro reazioni. E per consentire ai telecronisti e telestrateghi della Rai di rivolgere direttamente ai gareggianti quei consigli che ora sono costretti a segnalare solo agli spettatori. Ci arriveremo, ci arriveremo. Per questo bisognerebbe che gli atleti reclamassero il rispetto della privacy. Sarebbe una buona misura di prevenzione. Basta poco. Quando si vince la medaglia d’oro, al primo che porge il Gsm si risponde: chi è? Se è la mamma, passi. Ma se è De Zan, fuoco di sbarramento: ditegli che sono fuori gara, fuori pista, fuori stanza. Ditegli che non ci sono.

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