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LE RAGIONI DI UN SUCCESSO ANNUNCIATO

17.11.1997

Ci si attendeva un’affermazione massiccia, ma i primi dati mettono in rilievo un successo addirittura sorprendente dei sindaci dell’Ulivo nelle grandi città. Rutelli, Cacciari e Bassolino sfiorano il plebiscito, e forse l’entità della loro affermazione spiega anche l’astensionismo in crescita. Occorrerà esaminare a fondo i risultati per vedere analiticamente il comportamento degli elettori, ma il primo elemento da mettere a fuoco è proprio il peso che avrà nel teatro politico nazionale una vittoria robusta come quella ottenuta a Venezia, Roma e Napoli. In realtà è un successo ambiguo, e quindi non facilmente definibile, per lo schieramento vincente, dato che i sindaci dei comuni metropolitani sono riusciti a guadagnarsi una popolarità che travalica l’area di consenso del centrosinistra. Dunque non sarebbe appropriato considerare queste elezioni come un referendum di verifica sull’azione del governo Prodi e sulla coalizione che lo sostiene. La capacità amministrativa di Bassolino, la sapiente creazione di consenso da parte di Rutelli e l’abilità dialettica di Cacciari hanno in effetti poco in comune con l’attività dell’esecutivo. Resta comunque il fatto che nei grandi comuni il centrosinistra affrontava un confronto e un giudizio politico dopo una fase prolungata di misure di risanamento e di inasprimenti fiscali che avrebbero potuto penalizzarlo sensibilmente. La penalizzazione non c’è stata. Può essere che almeno in parte gli elettori abbiano valutato positivamente l’effetto dell’azione di riaggiustamento del governo Prodi-Ciampi, e che il probabile conseguimento della moneta unica sia stato considerato un risultato tale da fare aggio sui sacrifici imposti. In ogni caso l’Ulivo dovrebbe incassare questi risultati senza gonfiarli oltremisura. Ogni città è un’esperienza a sé, come si vede anche dai sondaggi sui capoluoghi di provincia, che offrono risultati meno coerenti, e che non consentono quindi di notare se da queste amministrative escono tendenze davvero omogenee. Per ora l’unico elemento poco discutibile sembra l’inadeguatezza del Polo a reperire una classe dirigente in grado di essere politicamente competitiva. Il centrodestra ha affrontato questo appuntamento con le urne con una miscela di improvvisazione e di rassegnazione. L’estemporaneità nella scelta delle candidature è stata anche il riflesso dell’inconsistenza territoriale dei partiti del Polo e in particolare di Forza Italia; ma se già prima del voto diversi esponenti del centrodestra prevedevano bufera, attribuendone la ragione alla incerta qualità delle candidature, questo fatalismo non fa che mettere in rilievo il deficit di credibilità del Polo rispetto a larghi settori di establishment. È possibile che i risultati delle elezioni sul resto del territorio nazionale correggano in qualche misura queste sensazioni, ma alla fine da questa consultazione dovrebbe uscire un risultato a due facce. Da un lato rafforzerà il centrosinistra, moderatamente ma significativamente perché sul piano numerico e di immagine la vittoria di Venezia, Roma e Napoli è talmente netta da essere interpretabile senza dubbio come un eccellente risultato complessivo. Dall’altro lato si profila invece una prevista ma non per questo meno dolorosa sconfitta del Polo: accentuata oltretutto da un clima generale che dà l’avventura del centrodestra agli ultimi scampoli, in attesa di iniziative di restaurazione del centro, di cambi di leadership, di nostalgie e di fughe in avanti che potrebbero movimentare ampiamente le prossime settimane.

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