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UN PRUDENTE LAVORO DI COSMESI

27.06.1997

Il capitolo della giustizia era l’ultimo tassello da sistemare dentro la Commissione bicamerale, e perciò era anche l’ultimo vero rischio che i doveva essere fronteggiato. Ieri aleggiava di nuovo la paura che il ritorno in scena della Lega potesse dare luogo a un voto «eccentrico» sugli emendamenti alla bozza Boato, con il pericolo di un incidente simile a quello che si era determinato con il colpo sulla bilancia in favore del presidenzialismo. Si è quindi cercato di neutralizzare il problema con il ritiro degli emendamenti e la decisione di votare sulla bozza Boato. Era la soluzione più cauta perché consentiva di non entrare troppo in profondità nel merito dei due temi più rilevanti, quello della separazione delle carriere e della composizione del Csm. Come si sa, si tratta di due argomenti che toccano insidiosamente da vicino il rapporto fra politica e magistratura. Di solito, quando si parla di separazione delle carriere, ci si diffonde su concetti astratti come la «terzietà» del giudice, rispetto al pubblico ministero identificato come parte in causa. Ma in realtà questa apparente astrattezza nasconde un problema molto concreto, riassumibile all’incirca così: in genere i magistrati (o una parte di loro) hanno sempre guardato con sospetto la separazione delle carriere fra pubblici ministeri e giudici, in quanto temono che sia solo il primo passo verso la subordinazione dei procuratori al potere politico. Allo stesso modo, gli stessi magistrati hanno guardato con preoccupazione alle ipotesi di modifica della composizione del Consiglio superiore della magistratura, temendo che un mutato rapporto fra membri togati e membri «laici» penalizzasse l’autonomia giudiziaria. Detto questo, sarebbe sbagliato pensare che fra i partiti ci sia un accordo non scritto ma sentito e voluto da tutti per riequilibrare il rapporto con i giudici. Come si è visto con il voto a sorpresa che ha bocciato la parziale depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti, esistono ancora in Parlamento fasce trasversali, che vanno da Alleanza nazionale al Pds, che si considerano ancora «dalla parte della giustizia», o che quanto meno non rinunciano a tradurre in chiave politica la dimensione giudiziaria. Dunque la questione della giustizia non è soltanto un possibile terreno di scontro fra procuratori e classe politica, ma è anche un tema che può, ancora oggi, essere giocato politicamente nel confronto interno alla classe politica e ai partiti. Proprio per questo l’appuntamento di ieri era delicato: perché malgrado le dichiarazioni di responsabilità, nonostante le controassicurazioni reciproche fra il Polo e l’Ulivo, e nonostante «lo spirito costituente» che i più ottimisti sentono spirare nella Bicamerale, c’era il fondato timore che il voto potesse radicalizzarsi, mettendo a rischio questi ultimi giorni di lavoro della Commissione. C’era la minaccia leghista, c’erano i dubbi di Rifondazione comunista: ce n’era abbastanza per non essere tranquilli. Naturalmente, è prevalsa la prudenza: si sono ritirati gli emendamenti e si è proceduto in modo da consegnare alle Camere una serie di formulazioni sostanzialmente aperte, che il Parlamento dovrà definire in seguito. Forse questo è l’ultimo atto della «normalizzazione» che sta avvenendo nella Bicamerale. Non c’è da scandalizzarsi del termine, dato che ogni paese che abbia vissuto una fase di eccezionalità deve tornare alla normalità. Solo che qui si sta assistendo a un processo costituente ritagliato sulle misure dei partiti. Se il compito della Bicameerale era di normalizzare la politica, probabilmente c’è riuscita, approfittando dell’impossibilità di fallire, cioè della propria condanna al successo; se doveva modellare istituzioni adeguate a una società moderna, in modo da conferire visibilità e impulso alle scelte dei cittadini-elettori, l’obiettivo non è stato neppure approssimato. Anche la giustizia non ha fatto eccezione a questo schema. Si cominciò con l’innesco di un conflitto a elevata intensità con i magistrati; si finisce, a quanto sembra, con un lavoro soprattutto di cosmesi, e che lascia spazio al Parlamento per individuare successivamente il punto preciso di compromesso. Di sicuro la Bicamerale è riuscita a stemperare i conflitti. Che stia producendo un progetto in grado di migliorare il funzionamento delle istituzioni, è molto ottimistico dirlo.

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